FURIA
Sarà stato ottobre, di molti anni fa. Ricevetti una telefonata di un’amica che faceva la volontaria in un canile di Roma. Non ti chiamerei se non fosse urgente, diceva, ma c’è una femmina di pastore tedesco che si sta lasciando morire nel canile, credo che tu possa salvarla. Furia era stata trovata per strada, con una zampa maciullata e segni di percosse sulla schiena. Era stata accolta e curata, una zampa le era stata amputata, ma questo non sembrava restituirle alcuna voglia di vivere oltre.
Posso provarci, dissi. Quando la vidi arrivare sul prato accanto al laghetto della mia vecchia proprietà, tuttavia, dubitai per un istante di potercela fare. Furia non era più un cane ma solo un insieme pulsante di paura e rassegnazione. Capii che l’ultima delle cose da fare era tentare di avvicinarla. Piuttosto le misi accanto Frankie, un pastore belga dai modi eleganti, di cui però ancora non conoscevo la nobiltà d’animo e la signorilità. Anche lui intuì subito che non avrebbe potuto invitare Furia al gioco né comportarsi con l’autorità di cui gode il padrone di casa. Preferì mostrarsi innocuo (pur non essendolo affatto), delicato, accondiscendente. Furia si era fatta addosso la pipì e tremava, nell’ultimo sguardo che le diedi.
Scoprii nei giorni seguenti che c’era ben poco che Furia non temesse. Sobbalzava per qualsiasi rumore, il passaggio assai rado delle macchine la terrorizzava, ma più di ogni cosa la spaventava il mio arrivo, il sopraggiungere dell’essere umano, che più di chiunque altro è capace di cose orribili. Allora veniva presa proprio da convulsioni e avrebbe voluto rimpicciolirsi talmente da sparire alla vista. Le avrei evitato volentieri questo tormento ma dovevo avvicinarmi per darle il cibo che nel canile lei rifiutava. Avendo molti altri cani che abitavano con me, avevo messo lei e Frankie in un enorme recinto tra gli alberi di fronte al nostro laghetto. Si era in autunno, e il terreno era fangoso e friabile. Decisi sin dal primo giorno di non accedere camminando sulle mie gambe, ma di strisciare come i lombrichi con la ciotola in mano. Entravo così, con Frankie che mi guardava un po’ stupito, e così mi ritiravo, liberandola della mia presenza al più presto, perché intuivo che se fossi rimasta lei non si sarebbe fidata di mangiare. Il mio grande alleato nel recupero di Furia non tentò mai di rubarle il cibo anche quando lei esitava per molto dopo che mi ero allontanata. Sarò sempre grata a Frankie per questo. Trascorrevano le settimane, Furia continuava a tremare e farsi la pipì addosso ma iniziava a temere meno i rumori e si concedeva, assai di rado, di non rimanere rintanata nella casetta di legno ma di sostare un momento sul prato al sole. Io continuavo a strisciare, Frankie cominciava a invitarla delicatamente a qualche schermaglia di gioco, l’autunno ci lasciò e trascorse anche l’inverno. Lei era magra, molto magra, ma qualcosa mangiava sempre e, per il momento, era viva.
Arrivò infine la primavera, e strisciare era meno problematico perché non mi portavo più a casa strati di fango. Frankie aveva ottenuto il suo primo grande successo. L’aveva convinta a giocare un po’ e con una sensibilità che anche ora mi commuove, accorgendosi che la mancanza di una zampa faceva sentire Furia in difficoltà, si buttava a terra da solo non appena lei lo sfiorava e, sempre, la lasciava trionfare. Un giorno decisi di rimanere un po’ distesa sul prato, Frankie accanto a me, sul fianco sinistro, Furia nel punto più lontano da me del recinto, ed io con le braccia rivolte all’indietro, come a volermi godere il più possibile quello splendido tepore. Avevo gli occhi chiusi e fantasticavo di chissà che cosa quando sentii una leccata sulla mia mano sinistra. Frankie, dissi aprendo gli occhi, quando ti sei spostato? Ma Frankie era sempre piacevolmente addormentato sul mio fianco sinistro. Lei. Era Lei.
Sono trascorsi alcuni anni. Con Frankie se le danno di santa ragione, lui non deve più fingere di essere lo sconfitto, qualche volta perde veramente. E Furia è uno dei migliori cani da guardia che abbia mai avuto. Una grande atleta, sicura di sé, continuamente riconoscente e assolutista nella sua fedeltà. Lei è una delle ragioni per cui alzarsi la mattina. Lei è il mio cane a otto zampe.
Rita Covan