IL FIUME di Rita Covan
Non bisognava andare al fiume da soli. Specie se si era piccoli. Ma il pomeriggio appena iniziato era già lungo. Tutti dormivano e ne avrebbero avuto per parecchio, la giornata era molto calda. Ho i miei scarponcini e amo questo luogo più di ogni cosa al mondo. Abbasso la testa a ogni incrocio di rami, chiaro il mio petto in corsa. Rallento solo quando sento essergli vicina. Il fiume è sacro, dice mio padre. Piano. C’è un unico accesso su questa riva, ed è stretto. E subito l’ombra di pochi alberi e l’acqua si ingoiano il caldo e tu pensi, raggiungo quel masso in mezzo all’ansa con un salto, e sarò felice. Gira la testa, per la fierezza, gira la testa per la magia d’esser soli. Una buona idea mettere i piedi nell’acqua? Penso. Ma un leggero rumore di rami schiacciati mi afferra lo sguardo e se lo porta al mio fianco sinistro. C’è lui, a pochi metri. Si ferma e mi guarda. Sono in trappola, è troppo grosso per i miei sette anni. Si avvicina all’ansa dove si erge il mio masso, sembra voglia bere, ma no. Lì si stende. Forse adesso, ho ancora più paura. Perché tutto sembra ancora più tranquillo? Sta per fare qualcosa di terribile, ecco perché. Quanto il tempo che trascorre? I raggi del sole iniziano a raggiungere la terra di sbieco, quando un verde e potente colpo di coda smuove l’acqua dell’ansa sotto di me, e si allontana. Solo allora lui si alza lento e mi regala uno sguardo quasi trascurato. Prima di congedarsi fissa il fiume per un momento e lo abbandona, facendo risuonare su tutta la terra e lungo le sponde del Nilo azzurro, quel suo abissale, splendido ruggito.
Racconto tratto dal libro 365D trecentosessantacinque giorni da donna edito nel 2012 dalla SilvanaEditoriale.